SCULTURE
INTIMIDAD CULTURAL
Per la mostra alla Fondazione Orestiadi ha scelto di esporre Intimidad cultural, una realizzazione in cemento composta da una serie di elementi tubolari realizzati attraverso il calco. La scultura, nelle forme e nel suo movimento ascendente, richiama un possibile elemento naturale, forse acquatico, somigliante, ma Pablo Crichton non decide di imitare la natura, semmai ne segue la casualità e l’adattamento ai contesti come modalità di lavoro durante il processo creativo.
La scelta del materiale, un tipo di cemento utilizzato per le riparazioni, è strettamente correlata alla poetica dell’autore che da un lato vuole utilizzare i materiali industriali con cui ha preso confidenza durante i suoi precedenti lavori, dall’altro intende continuare la sua ricerca nella relazione tra il corpo e materiali ritenuti meno prestigiosi rispetto ad altri quali il marmo o la ceramica. La decisione di lasciare il materiale a vista esprime la volontà di mostrare il “calore” della superficie del cemento e quella di una sorta di onestà nei confronti del materiale stesso: se il fulcro della ricerca è nel rapporto tra artista, forma e materia, nessuno di questi elementi dev’essere occultato. La struttura è cambiata più volte durante la realizzazione, per scelte dell’artista legate alla sua relazione con il materiale e per cause di forza maggiore quali spostamenti e trasporti. Tuttavia le diverse “ferite” riportate dalla scultura non sono state nascoste o eliminate. La scelta del titolo, liberamente ispirato al concetto di cultural intimacy dell’antropologo americano Michael Herzfeld, va in questa direzione: nella vita di un popolo l’intimità culturale è «il riconoscimento di quegli aspetti – debolezze, fragilità, “vergogne” - dell’identità considerati motivo d’imbarazzo con gli estranei, ma che nondimeno garantiscono ai membri la certezza di una società condivisa (M.H., 1997; 2005). Allo stesso modo, nella scultura di Pablo Crichton è proprio la fragilità dei singoli elementi, dovuta alla sottigliezza del materiale, che esprime la forza che tiene in equilibrio la composizione. di Davide Ricco |
FLUSSO |
Ho utilizzato l’iconografia della natività come nascita e principio di vita, per parlare della morte degli esseri umani nei flussi migratori spinti verso un destino di morte dal desiderio di migliorare o salvare la propria vita, quindi da una prospettiva di una rinascita sociale ed economica. Quest’esodo di corpi inerti, che vanno in una sola direzione, è una linea di tombe che viaggiano nell’abisso e sono diretti al nulla…
La scultura va esposta al suolo in una linea che tagli il passo agli spettatori i quali saranno obbligati a scavalcarla e con molta probabilità a calpestarla, per continuare la loro visita nel percorso della mostra. Tale evento assumerà un forte significato metaforico in quanto sottolineerà agli occhi di chi attraversa la linea e di chi lo guarda, l’indifferenza verso la vita e il distino di morte dei migranti. |
RIGOR MORTIS |
Pezzi di corpo, pezzi di corpi, frammentati scomposti, contratti in un spasmo che annuncia e denuncia l'imminente rigor mortis eppure niente di freddo e immobile in tutto questo, i muscoli sembrano come in movimento e i pezzi si assemblano come in un amplesso.
Braccia bocche gambe, bicipiti e cosce si tendono e si intrecciano in un orgia dionisiaca e classica di una bellezza selvaggia e arcaica. Bisogna avvicinarsi ed entrare nel rito, completare con la propria presenza questi corpi, integrarli come appendici, terminale e sestevi, in grado di far risuonare all'orecchio il suono ancestrale dei cembali sacri mentre si brinda alla vita come me mento mori. L'opera ferma questo tempe sospeso in una tensione all'eterno divenire. di Antonio Tummninia |